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Direttore Pietro Andrea Annicelli

David Bowie, uno sempre prima degli altri

di Mark Aymondi

12/01/2016 Musicando

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David Bowie, uno sempre prima degli altri

«L'ho sempre percepito come uno che era arrivato molto prima degli altri. Perciò, pur mantenendo un aspetto giovane, non pensavo che avesse solo cinque o sei anni più di me: lo ritenevo più vecchio. Lo considero un prosecutore naturale di Andy Warhol nell'apparire un esempio formidabile del costume prima che dell'arte o della musica. Ha anticipato una grande rivoluzione che ha resistito a lungo prima di perdersi nella dimensione del storia».

Così Vittorio Sgarbi, al quale ho chiesto un'impressione su David Bowie. Sono molteplici le icone che il Duca Bianco ha interpretato in cinquant'anni attraversando almeno tre generazioni. Per ognuno di noi che l'abbiamo apprezzato, amato o comunque considerato, c'è un lui che sentimentalmente rappresenta qualcosa rispetto ad altre sue immagini che, per quanto affascinanti, intriganti o grottesche, ci appaiono sfocate, distanti, estranee.

Il Bowie che mi appartiene è quello eroico, quasi un personaggio da fumetto ma con il senso doloroso della storia, del soldato Jack Celliers. Il film è Merry Christmas Mr. Lawrence di Nagisa Oshima. 1983. Ѐ l'anno di Let's dance, l'album prodotto da Nile Rodgers che fece conoscere quel Bowie ai ragazzi degli anni Ottanta.

Prima di arrivare a Ziggy Stardust, che ho apprezzato ma mai troppo amato perché nessun travestimento o provocazione del Bowie glam vale più delle sue grandi canzoni, c'era stato per me un altro Bowie: quello della trilogia berlinese (Low, 1977, Heroes, 1977, Lodger, 1979) che separa due grandi dischi comeStation to Station, 1976, e Scary monsters, 1980. È, grazie alla collaborazione con Brian Eno, il suo vertice artistico, come conferma il rifacimento sinfonico dei primi due album da parte di Philip Glass negli anni Novanta. Tutta la trilogia insieme in un cofanetto, Portrait of a star, me la regalò mio padre per un onomastico. L'acquistò a Taranto ignaro del contenuto, ma preveggente sul valore.

Il me ragazzo ha trascorso pomeriggi interi ad ascoltare quei dischi poco accessibili, molto veri. Il Bowie in bianco e nero delle foto interne, l'extraterrestre Thomas Jerome Newton del suo primo film, L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg, associato al suono tetro di Warszawa, la prima composizione del lato B di Low, mi richiamava le immagini terribili della rivolta eroica e disperata dei combattenti ebrei nel ghetto della città polacca che avevo visto nei libri di storia. Quel canto salmodiato, inintelligibile ma fortemente espressivo, mi sembrava una specie di preghiera. Chissà cosa ne avrebbe pensato l'autore, le cui lontane origini erano, a suo dire, ebraiche, e che poco tempo prima era stato accusato ingiustamente di simpatie naziste a causa del look piuttosto ariano e d'una foto con il braccio teso a Victoria Station.

Riascoltate oggi, le composizioni strumentali berlinesi mi trasmettono il senso in musica del gravare irrisolto, all'epoca, della guerra fredda nell'Europa orientale. E la canzone Heroes, insieme a Station to station, mi fa venire in mente Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, il libro straziante e necessario, perché fa male al cuore e costringe a sapere, sulla storia di Christiane F., l'adolescente drogata e prostituta simbolo del suo tempo. Ma torniamo al soldato Jack Celliers.

È strano pensare che il Duca Bianco se ne sia andato poco tempo dopo che Ryuichi Sakamoto, l'altro protagonista di Merry Christmas Mr. Lawrence, ha superato un tumore ed è tornato a fare musica. In quel film Bowie, fiero e coraggioso, rappresenta la superiorità del sacrificio di sé per un valore da proteggere, e della ricerca della pacificazione attraverso l'idea che nessuno è nel giusto, sull'assolutismo del militarismo che esalta la violenza disprezzando la debolezza e l'affettività omosessuale.

È un film amaro, a tratti delicato, a tratti anche divertente, con una splendida fotografia e una capacità di analisi tanto sofisticata quanto diretta e comprensibile. Mio cugino Andrea fu così bravo da riuscire a trovare da qualche parte a Napoli un manifesto originale del film. Per un po' di tempo, restò appeso nella mia stanza di ragazzo.

Il Bowie malato terminale del video di Lazarus, pubblicato il 7 gennaio, un giorno prima del suo ultimo album Blackstar e del suo sessantanovesimo compleanno, è tanto veritiero quanto teatrale. A suo modo, un'opera d'arte. Non c'è dubbio che, l'ha confermato Tony Visconti, storico produttore e amico, egli si sia voluto congedare alla sua maniera: «I'll be free. /Ain't that just like me?». La libertà del coraggio come Jack Celliers, ma anche dell'attore consapevole che lo spettacolo dovrà andare avanti.

C'è una sequenza lunga, lunghissima, di opere che trasmettono un'estetica unica. Ci sono le storie e le leggende d'una vita tanto straordinaria quanto semplicemente umana. E ci sono tante immagini di David Bowie nelle quali, osservando con attenzione, magari in controluce, è possibile rintracciare qualcosa di noi stessi. Perché, l'ha detto lui, un'emozione non può essere rubata. E una stella nera resta una stella.

POST SCRIPTUM

Ecco la mia personale classifica delle canzoni di David Bowie che preferisco, escludendo Wild is the wind che è di Dimitri Tiomkin e Ned Washington.

1) Heroes - 1977
Una delle canzoni più influenti di tutti i tempi, personale visione della separazione sentimentale causata dal Muro di Berlino, resa speciale dalle tastiere di Brian Eno e dalle note lunghe di Robert Fripp.

2) Station to station - 1976
La canzone del Duca Bianco, un treno in marcia e versi che mescolano la Via Crucis e la Kabbala, secondo le letture un po' confuse dell'epoca. Straordinaria dal vivo anche grazie a uno spettacolare Adrian Belew.

3) Aladdin sane - 1973
È la migliore canzone del Bowie in versione Ziggy Stardust, enigmatica e decadente, con il pianoforte di Mike Garson a impreziosirla in proiezione.

4) Space oddity - 1969
Il primo grande successo e forse la canzone più conosciuta. Merito anche dell'arrangiamento condiviso con Paul Buckmaster e dello spirito dell'epoca. Il viaggio spaziale come metafora della vita e della fuga.

5) Loving the alien - 1985
Una canzone epica che richiama il conflitto in Medio Oriente, ideata in seguito al convincimento che gran parte della storia sia sbagliata perché continuamente riscritta. La versione demo, per l'autore, era addirittura migliore.

6) Teenage wildlife -1980
Apre il lato B di Scary monsters e vola grazie alla chitarra sentimentale di Robert Fripp, con cori, un testo personale che, tra ricordi dell'adolescenza, critica i figliocci della new wave, e un'eccellente performancevocale.

7) Blackstar - 2015
Una composizione per certi versi sconvolgente, carica di simbologia nel video, dalla ritmica vibrante e irregolare, che assume tanto più significato con la morte dell'autore. Un grande canto del cigno.

8) China girl – 1977/1983
Realizzata con Iggy Pop per il suo album The idiot, riproposta nell'album Let's dance con un'introduzione chitarristica di Neil Rodgers e un grande solo di Stevie Ray Vaughan, è una denuncia dell'imperialismo. Eccellente il video di David Mallet con la modella Ngeeling Ng.

9) Moonage daydream - 1972
L'arrivo di Ziggy Stardust, messia androgino che sancì il successo di Bowie. Una canzone trascinante e per Trevor Scott, produttore con Bowie di The rise and fall of Ziggy Stardust and The Spiders from Mars,la migliore dell'album.

10) Fantastic voyage - 1979
Inizia l'album Lodger ed è un'elegante e intrigante ballata dove Bowie canta con voce ispirata parole sofferte. L'ironia distaccata di qualche passaggio diventa, nell'acuto finale, un'invocazione.

Nella foto, David Bowie nella copertina dell'album Low.

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