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Agostino Convertino: «Pace e amore fino al 1977»

di Redazione

08/05/2018 Società

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Agostino Convertino: «Pace e amore fino al 1977»

 

Facciamo un passo indietro: all’interessantissima prima edizione del Festival della psiche, organizzato due settimane fa dall’Associazione Micologica della Valle d’Itria. Tra i relatori, sul tema ironico Nammà fa nu joint?, Agostino Convertino, opinionista e critico musicale, conosciuto anche come priore dell’arciconfraternita di Sant’Antonio. Convertino, che nei prossimi giorni farà da spalla al noto critico rock Riccardo Bertoncelli in un evento della Fondazione Paolo Grassi, ha parlato delle esperienze giovanili nella Martina degli anni Settanta e Ottanta in relazione al fenomeno delle sostanze stupefacenti.     

Martina franca e le droghe. Cosa dire parlando dei giovani degli anni Settanta?

«Rispetto a quella odierna era una gioventù molto più genuina. È pur vero che a trafficare la musica, il teatro, era pur sempre una élite. Ma la situazione complessiva era bellissima. Quella generazione seguiva molto l’arte e subiva l’influsso dei tempi che cambiavano dopo il ’68. C’erano due filoni: quello musicale e quello che definisco artistico culturale, cioè l’embrione di quello che sarebbe diventato il grande circuito culturale di Martina fino a oggi. A questi due filoni aderivano giovani a caccia di un’identità diversa da quella dei loro padri alla loro stessa età. E ovviamente c’era un tipo di comunicazione che non era minimamente paragonabile a quella di oggi. Anzi, diciamo che la trasmissione … orale era l’unico sistema di confronto. Poi venne qualche giornale e qualche fanzine di controcultura. E poi un movimento teatrale che ha fruttato delle cose molto belle. Il messaggio di pace universale che si respirava in quegli anni come portato del movimento hippie era un’idea applicata e praticata. Si può facilmente immaginare come uno spinello potesse essere un’occasione di socialità, d’incontro per tante persone che l’utilizzavano come movente per stare insieme. Quello era il quadro generale di quella Martina e anche un po’ del resto d’Italia». 

Insomma, la droga leggera come opportunità e occasione di comunicazione e socialità, un po’ come oggi la birra, invece che come piacere narcisistico o, peggio, autodistruzione.

«Si creò una situazione in cui si cominciava a essere, come si diceva, alternativi. Qualcuno andava in India e tornava pure: quello era il problema! Avere un confronto di quel tipo poteva essere un po’ come trovare un alieno che ti dice di venire da un’altra galassia e ti apre la mente. Con un humus culturale del genere non poteva non sbocciare questa scelta di stare insieme in maniera conviviale sulla base di un po’ di erba tranquilla, senza problema. Tutto ciò, raffrontato alla Martina delle siringhe che sarebbe venuta, fa capire la genuinità e l’ingenuità di quei tempi. Tutto era molto autentico, alla buona. Un volemose bene: mica come questi spostati di oggi». 

Rovinò tutto la radicalizzazione della politica.

«Assolutamente. Ed è chiarissimo anche il motivo. Io attribuisco all’inizio del famoso movimento del '77 l’ultimo strascico di autenticità di quell’epoca: gli indiani metropolitani, i fricchettoni, la cultura underground e tutta quella roba lì. Quando poi il movimento si politicizza e arriva il terrorismo nero e rosso, quello è lo strappo che fa calare la maschera ai beatnik di qualche anno prima chiamati a fare il salto di qualità verso un’Italia diversa. Mi resi conto che si era alla sigla finale con le siringhe a tutto spiano al Festival del Parco Lambro. Chi doveva crescere, cresce: si deve trovare il lavoro e non pensare più alla chitarra. Quelli che non si svegliano, rimanendo invece ad aspettare il flauto di Pan, restano intrappolati. Qualcuno che ha continuato a indossare gli stessi pantaloni di allora, non ce l’ha più fatta. Qualcuno è rimasto imprigionato nel mondo di dopo: non più politico, non più musicale, non più creativo». 

E a Martina?

«Anche a Martina bisognava crescere. Tra tutti quelli che avevano formato dei gruppi rock notevoli, chi si sposava, chi se ne andava, chi si normalizzava. Quelli del mondo culturale, crescendo, hanno dotato la città del notevole impianto di attività culturali odierno. La cultura, insieme alla politica, ha fatto un grande salto di qualità: la musica, no». 

Qualcuno muore.

«Si, infatti. Il Parco Lambro delle siringhe, a Martina, fu il concerto allo Iazzo Casavola in cui suonò Giorgio Gaslini, quello dei sette nella macchina di Lino Panico. Già si era consumato il passaggio dallo spinello ricreativo al siringone di roba forte forte. E si verificavano alcune scene un po’ crude da vedere: qualcuno che stava malissimo perché in crisi da astinenza, gente da fuori che veniva a Martina con molti problemi. Me lo dissero chiaramente: vattene, non è per te».

Nella foto in alto, Agostino Convertino insieme a Rino Carrieri e al grande disco di Frank Zappa Hot rats, 1969. In quella al centro, con Riccardo Bertoncelli. 

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