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Direttore Pietro Andrea Annicelli

Nunzia Convertini: «L’Amministrazione lavori con gli assessori che ci sono»

di Redazione

26/05/2018 Politica

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Nunzia Convertini: «L’Amministrazione lavori con gli assessori che ci sono»

 

«Nella vicenda delle dimissioni di Stefano Coletta il gruppo consiliare del Partito Democratico avrebbe meritato maggiore considerazione sia da parte dell’ex vicesindaco che del direttivo del Pd». Nunzia Convertini, capogruppo dei democratici in Consiglio comunale, offre nuovi elementi di analisi nella storia complicata del mancato rientro di Coletta come assessore dopo le sconcertanti dimissioni di un mese fa. 

Forse sarebbe stata opportuna una maggiore sobrietà critica del consigliere Filomeno Antonio Lafornara nei confronti dello stesso Coletta in Consiglio comunale. E una presa di distanza del gruppo consiliare dalle sue dichiarazioni. Quello è stato un momento molto critico.

«Io, come capogruppo, ho preso le distanze da quelle dichiarazioni di Lafornara nel consiglio sul bilancio consuntivo. Era peraltro nostra intenzione, come gruppo consiliare, fare in modo che le ritrattasse. C’è stato un duro confronto su quello che ha detto, nel gruppo. E anche il sindaco, in Consiglio,ha sottolineato l’inopportunità di quelle dichiarazioni. La questione è poi passata in secondo piano nella riunione del direttivo a cui erano presenti anche Stefano e il sindaco, oltre a tutti i consiglieri». 

Perché?

«A un certo punto Coletta ha espresso una critica inaccettabile al sindaco nei modi e nei termini. Allora sei di noi si sono alzati e se ne sono andati per protesta. E perché sembrava davvero uno scontro senza fine: non si percepiva da parte di Stefano alcun segnale di distensione per il rientro. Oltre allo stesso Lafornara, eravamo io, Vincenzo Angelini, Pasqualina Castronuovo, Alba Lupoli, Angelita Salamina». 

Cosa è successo poi?

«Il direttivo è continuato: evidentemente il partito era interessato più a Coletta che non alle ragioni di sei consiglieri che avevano ritenuto che non ci fossero più le condizioni per continuare a discutere. È stato dato un mandato esplorativo alla segreteria affinché Coletta fosse fatto rientrare. Noi l’abbiamo saputo dal segretario, Vito Cramarossa. Nonostante questa mancanza di considerazione, abbiamo accettato il mandato esplorativo della segreteria». 

Quali esiti ha sortito?

«La segreteria ha redatto un documento in cui diceva parzialmente la verità sui fatti. Nello specifico riguardo a un incontro che noi consiglieri abbiamo fatto all’indomani del direttivo con il sindaco, nel corso del quale avevamo ritenuto opportuno prospettare delle soluzioni alternative per superare la mancanza d’un assessore causata dalle dimissioni di Coletta, che notoriamente aveva preso una decisione così impegnativa, che coinvolgeva tutti, senza aver detto niente né al gruppo consiliare né al partito. Le ipotesi fatte hanno riguardato il trasferimento di un consigliere nell’Amministrazione, senza parlare dello scorrimento della lista o di qualche altro criterio, oppure di un esterno d’area. Acquisite da parte del sindaco queste soluzioni alternative al rientro di Coletta, noi consiglieri non ci siamo più riuniti». 

Qual è stato il passaggio successivo che vi ha riguardato?

«Venerdì 18 maggio il segretario mi chiama e mi dice che Stefano ha accettato di rientrare, ma vuole una riduzione delle deleghe. Allora noi consiglieri torniamo a riunirci: sentivamo d’essere stati esclusi dal partito rispetto al processo di rientro di Coletta, che a sua volta non aveva ritenuto d’interpellarci per discutere con noi della questione. Di fatto, nessuno aveva inteso coinvolgerci in una vicenda che doveva riguardarci per rispetto del nostro ruolo. Discutendo tra noi, ci siamo accorti che era inopportuno che Coletta chiedesse una riduzione delle deleghe in un momento in cui non soltanto era stato per un mese lontano dall’attività amministrativa, ma in cui il carico di lavoro di ciascun assessore era particolarmente gravoso anche a causa di particolari problematiche di alcuni che ne limitano, in questa fase, le possibilità operative. Perciò abbiamo pensato e valutato tutti insieme che non era opportuna né una riduzione delle deleghe, né che ritornasse a fare il vice sindaco perché, in attesa che si ristabilisse il rapporto fiduciario con il sindaco, ritenevamo opportuno congelare quell’incarico». 

Com’è andata a finire?

«Mentre noi ci riunivamo dal sindaco per offrirgli le nostre riflessioni, ferma restando la sua prerogativa di decidere come meglio riteneva, c’era un documento della segreteria che dava per scontato il rientro di Coletta. Il giorno dopo, sabato 19, il segretario incontra Stefano che, sulla proposta di congelare momentaneamente la carica di vicesindaco, ha risposto che gli era stata consegnata non dal gruppo consiliare ma dalla città attraverso gli oltre milleseicento voti che aveva ricevuto. Alla fine è stato il sindaco a decidere, come è nelle sue prerogative». 

Cramarossa, essendo il segretario del partito, potrebbe essere anche inteso come una figura scelta dal sindaco per mediare rispetto alle posizioni divergenti all’interno del Pd, non escludendo di potergli chiedere un passo indietro per riaccogliere Coletta nell’Amministrazione comunale. Diciamo questo non soltanto perché lo statuto del Pd rende incompatibili i due incarichi di assessore e segretario, per cui da uno dovrà evidentemente dimettersi, ma anche perché c’è in gioco la questione del riequilibrio della rappresentanza femminile per la normativa sulla parità di genere, sollecitata dall’opposizione.

«La scelta d’un eventuale altro assessore donna riguarderà, oltre che il Pd, anche le forze politiche nostre alleate. Infatti il Pd ha nell’Amministrazione due assessori uomini e due donne. Chi invece crede che il il nostro partito sia un comitato elettorale, è smentito proprio dalla capacità di Cramarossa di prendere in mano la situazione e risolverla ottenendo il sostegno degli undici consiglieri. È chiaro che lo statuto prevede le sue dimissioni se continuerà a fare l’assessore. Il Pd è però un partito in fase di evoluzione a livello nazionale. Adesso che sarà pronto il governo, è facile immaginare una fase congressuale del Pd a luglio: il partito necessita di discussione. Per cui si può aspettare qualche settimana prima di chiedergli di scegliere. Cosa dovremmo fare? Nominare un segretario reggente per così poco tempo? Non mi sembra sensato, ma questa è la mia idea. Poi è chiaro che è il Pd unitariamente che deve esprimersi». 

Non hai risposto all’ipotesi d’una porta lasciata aperta per il rientro di Coletta.

«Se per Stefano la carica di vicesindaco gli è stata data dai suoi elettori e non da noi, è chiaro perché il sindaco abbia preferito nominare assessore Vito. E si tratta d’una motivazione esclusivamente politica. Le conseguenze, domani, potranno essere diverse: ma non possono essere previste ora. Personalmente penso che scelta del sindaco di nominare Cramarossa certamente potrebbe in un futuro non definibile, perché in politica non si sa mai che cosa accada, essere una mano tesa per un possibile rientro di Stefano, che invece lo accusa, ingiustamente, di avere gestito la trattativa per fini personali: a dimostrazione che la sua vera volontà era lasciare l’Amministrazione, a cui non si sente legato. Non dimentichiamo che Stefano si è dimesso il 27 aprile. Adesso bisogna lavorare con quelli che ci sono». 

Da Stefano Coletta, con cui hai condiviso anche un legame di amicizia oltre che di collaborazione in Amministrazione durante la precedente sindacatura, che cosa ti aspetti?

«Mi aspetto che si prenda qualche giorno di tranquillità e che ritorni a cercare un dialogo con chi invece sta accusando in maniera ingiusta di averlo fatto fuori o cacciato. In tutta questa storia ci si dimentica facilmente che a dimettersi è stato lui, facendo anche delle accuse molto pesanti. Può andar bene tutto, ma la politica è altro. In ogni caso, il Pd è la sua casa. È una persona onesta, generosa, e credo che il suo impegno in politica debba continuare. Se poi vorrà cercarsi un’altra casa, gli farò gli auguri e sono certa che lavorerà bene: mi accontenterò di questo».

Nella foto, un selfie di Nunzia Convertini con Stefano Coletta, a destra, e Gianfranco Palmisano, a sinistra, ai tempi del referendum costituzionale del 2016.

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