cronache martinesi

Direttore Pietro Andrea Annicelli

Michelone di lotta e di governo

di Pietro Andrea Annicelli

18/04/2016 Editoriale

Valutazione attuale:  / 12
Scarso Ottimo 
Vota
Michelone di lotta e di governo

Il referendum cosiddetto sulle trivelle non ha raggiunto il quorum, com'era prevedibile. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha cantato vittoria. Nel suo universo comunicativo, che per scelta d'immagine e indole caratteriale è semplificato e sbrigativo, la ragione è dalla sua parte.

Niente quorum. Ho vinto io. Gli italiani stanno con me. Fine del discorso.

Lo ha ribadito questa notte da Palazzo Chigi: «Gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche». Sono fischiate le orecchie a quello della Puglia, Michele Emiliano, che alle 23.19 di ieri aveva cinguettato su Twitter: «Sono andate a votare 14 milioni di persone. Un successo strepitoso che impegna il governo a cambiare politica industriale ed energetica». Ne è venuto fuori un botta e risposta mediatico da fare invidia a Totti e a Spalletti.

Secondo il principio di realtà, entrambi hanno torto. Nessuna sconfitta di pochi sfigati, come minimizza Renzi, né «successo strepitoso» come esagera Emiliano. Il referendum non ha raggiunto il quorum non solo perché si poteva evitare, magari con l'impegno di Renzi a rivedere l'iniqua, ai danni degli italiani e a beneficio dei lobbisti dell'energia, redistribuzione degli utili per la proroga delle concessioni fino all'esaurimento dei giacimenti. Non l'ha raggiunto anche perché la propaganda pro e contro è stata molto ridotta e alquanto confusionaria, mescolando improprie salvaguardie ambientali a questioni di carattere politico. Né va dimenticato che il Pd e l'apparato mediatico berlusconiano si sono schierati per l'astensione, mentre la Lega si è disinteressata. Soprattutto, è stata forse decisiva la volontà di Renzi di separare, con trecento milioni buttati al vento in barba a ogni spending review, il voto per il referendum da quello delle amministrative del 5 giugno nelle grandi città. Non sono d'accordo, invece, con chi parla di crisi dell'istituzione referendaria. Quando i quesiti sono chiari, la gente va a votare: l'ha dimostrato nel 2011 il referendum sull'acqua.

Il prossimo obiettivo politico di Renzi è riconfermare la vittoria alle amministrative di giugno e, soprattutto, a ottobre nel referendum confermativo del decreto legge Boschi sulle riforme. In questo senso, condivido l'analisi che Aldo Giannuli ha fatto nel suo blog: il presidente del Consiglio non ha troppe ragioni per esultare. Nell'insignificanza della minoranza interna al Pd nazionale e nel tramonto dei leader storici, il referendum ha delineato nell'ex sindaco di Bari, oggi sindaco di Puglia, la figura più credibile e autorevole di oppositore, sia nel partito che istituzionalmente, all'ex sindaco di Firenze.

Non ha avuto paura, Michelone, a bacchettare tanto il premier che il presidente emerito Giorgio Napolitano per l'improprio e inopportuno invito all'astensione. Ha giustamente evidenziato l'importanza dei numeri rispetto a ogni sottovalutazione. Dei 15.806.788 cittadini che si sono recati alle urne su un totale di 50.675.406 aventi diritto, l'85,84% è d'accordo con il presidente della Puglia. Considerato il senso tutto politico che Renzi ha voluto dare al referendum, se questi voti non sono interpretabili come altrettanti no alla sua linea, poco ci manca. E costituiscono una cifra da considerare con preoccupazione, per il premier, in vista del referendum confermativo.

Il quorum è stato sfiorato in Puglia e raggiunto in Lucania, regioni essenziali per la produzione dell'energia che serve il Paese: non ha torto Emiliano quando invita Renzi a rivedere la politica energetica, magari a favore di quei territori che sopportano maggiormente i costi della stessa produzione. Soprattutto, sia la Puglia che la Lucania sono guidate da presidenti del Pd. Il partito ha quindi seguito i suoi leader regionali infischiandosene del segretario nazionale.

Michelone non è un acchiappavento. Sa che l'atteggiamento garrulo e sbrigativo di Renzi, nel logorio della vita moderna, incomincia a stancare gli italiani. Sa anche che Luigi Di Maio dei 5 Stelle sta studiando da premier. E che, nell'incertezza degli scenari mediterraneo ed europeo, il Mezzogiorno non può continuare a restare indietro.

Uno come lui, sangue, latte e cozze pelose, ma anche rigore da sbirro, dialettica chiara però non banale, senso dello Stato ma consapevole della legittima autonomia dei poteri e delle persone, può essere un protagonista del prossimo congresso nazionale del Pd, previsto per l'anno prossimo. In prima persona, oppure come potenziale king maker dell'annunciata candidatura alla segreteria del governatore della Toscana, Enrico Rossi. Dopo gli anni della narrazione vendoliana, Michelone può riportare la Puglia alla ribalta nel panorama politico italiano.  

Lascia un commento

Verify Code

Cara lettrice, caro lettore,

Cronache Martinesi fa un giornalismo di provincia ma non provinciale secondo l'idea plurale, propria di internet, che ogni punto è un centro. Fare del buon giornalismo significa fornire a te che ci leggi delle informazioni sui fatti e sul loro approfondimento. Richiede professionalità, fatica e ha un costo. Cronache Martinesi vuole continuare a proporre un'informazione libera e indipendente. Se ti piace quello che leggi, puoi liberamente contribuire con una somma, anche minima, tramite PayPal. Ci aiuterà a fare sempre meglio il nostro lavoro. Grazie.

Pietro Andrea Annicelli