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Antonio Scialpi: «Dal Festival alla memoria condivisa, una città che sia comunità»

di Pietro Andrea Annicelli

14/07/2017 Società

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Antonio Scialpi: «Dal Festival alla memoria condivisa, una città che sia comunità»

 

Antonio Scialpi assessore ai Beni e alle Attività culturali nonché al Diritto allo studio era la più ovvia delle nomine. Così è avvenuto prescindendo dal criterio dei primi degli eletti nelle liste. Ed è giusto così se si pensa che Scialpi si è candidato all’ultimo momento in Martina Visione Comune, che aveva contribuito a costituire, per supplire a una defezione, risultando eletto in Consiglio comunale senza aver pressoché fatto campagna elettorale.

Riprendi le redini d’una progettualità che era stata inopinatamente interrotta un anno fa con la caduta della prima Amministrazione Ancona. Qual è l’obiettivo che delinea la visione d’insieme?

«L’obiettivo è legare sempre di più le attività culturali alla visione d’una città che sia anche comunità. La cultura, quindi, deve essere considerata l’elemento di coesione dei martinesi oltre le divisioni di parte o le occasionali lacerazioni. Può essere un elemento di unificazione perché il futuro di Martina non può prescindere dalla sua vocazione di città d’arte e, appunto, di cultura. Sono i due aspetti che possono contribuire anche a concretizzare la definitiva vocazione turistica: è la rivoluzione di cui abbiamo parlato in campagna elettorale. Servono anche maggiori investimenti sia pubblici che privati. La cultura non deve essere considerata una sorta di superfetazione metafisica, ma va legata allo sviluppo economico, quindi alle attività d’impresa. La relazione tra cultura e impresa è cruciale affinché tutti si convincano che quella delineata è la strada giusta per favorire delle opportunità di sviluppo. L’idea portante è una comunità che riesca a rafforzare la sua identità anche costruendo alleanze strategiche non soltanto, come è normale, con i comuni della Valle d’Itria, ma anche con grandi città d’arte e di cultura come Matera, Napoli, Lecce e altre realtà con cui si condividono elementi d’identità».

Intanto questa sera s’inaugura il Festival della Valle d’Itria. E se da una parte non è vero che Martina sia solo la città del festival, dall’altra è indubbia la centralità di questa manifestazione.   

«È un dato di fatto. Nelle sue quarantatré edizioni, compresa quella che inizia tra poche ore, questo progetto ha saputo richiamare l’attenzione d’un pubblico nazionale e internazionale. La città deve continuare a riappropriarsi di questa grande valenza soprattutto rafforzando la partecipazione e l’inclusione, in particolare dei giovani. Dei segnali incoraggianti ci vengono dalle prove aperte al pubblico giovane. Ancora più interessante sarebbe la presenza partecipata alle opere. Il coinvolgimento delle scuole nell’approfondimento della cultura musicale è del resto oggi possibile grazie alle nuove normative per diffondere non solo la coscienza della storia della musica, ma educare alla partecipazione. Questo grande patrimonio della storia del Mezzogiorno che è la cultura musicale, in particolare della scuola belcantistica, deve essere oggetto di studio e di conoscenza: solo così si lega il Festival alla città. E devono anche crederci di più le imprese perché la progettualità culturale non può essere scissa dal legame attivo e partecipato con le attività produttive. In questo senso parlo di comunità: con la stessa valenza semantica che gli attribuiva Adriano Olivetti».

C’è anche un rapporto tra il Festival e i luoghi.    

«In quest’ottica occorre valorizzare non solo il tradizionale teatro in cui vengono rappresentate le opere, cioè il Palazzo Ducale, ma anche altri monumenti prestigiosi come le grandi chiese barocche e le chiese più piccole, ma altrettanto rappresentative dell’identità martinese, come i Cappuccini, la Madonna della Purità, gli oratori delle congreghe. Valorizzare queste realtà con concerti ed eventi, come si è iniziato a fare, è una maniera importante di far conoscere la grande eredità culturale di cui disponiamo. Lo stesso discorso va fatto con le masserie, presso le quali si segnalano già delle iniziative riuscite, sapendo che nei prossimi anni la carta vincente sarà proprio la delocalizzazione degli spettacoli. La nuova Amministrazione comunale deve inoltre porsi concretamente un nuovo problema. Nel documento preliminare programmatico al nuovo piano urbanistico generale è scritto che occorre localizzare un’area dove costruire un auditorium, come hanno fatto le grandi città che hanno investito nella cultura e nella musica».

Approfondiamo questo discorso.

«Per noi amministratori non si pone più il dilemma di cosa organizzare, ma dove organizzare gli eventi che il fervore dell’associazionismo propone. I luoghi utilizzati tradizionalmente come il Palazzo Ducale, il Chiostro di San Domenico, il Villaggio sant’Agostino, possono risultare insufficienti. D’altro canto va data una risposta alle richieste delle associazioni perché contribuiscono in maniera determinante a rendere Martina una comunità. Senza spazi adeguati, si riduce l’associazionismo a semplice testimonianza: non funziona rispetto al nostro obiettivo di soddisfare la vocazione culturale e turistica di Martina. Dobbiamo quindi avviare un progetto per dotare la città d’un grande polmone culturale come è avvenuto a Ravello, Spoleto, Pesaro, dove si è investito non solo nella produzione culturale musicale, ma nelle strutture in grado di ospitare le manifestazioni. Ciò garantirebbe una programmazione non solo estiva, ma durante l’anno. Vanno recuperati spazi attualmente marginali come il convento del Carmine, il cui piano terra è stato ristrutturato ma va completato e messo a disposizione come casa delle culture, il convento di Sant’Antonio, in stato di degrado, e quello dei Paolotti che è in uno stato precario. Avere dei luoghi fruibili per l’aggregazione e l’associazionismo, oltre a favorire la formazione del senso di comunità, consente di passare alla condizione d’impresa culturale. Va perciò rilanciato il patrimonio della biblioteca comunale mettendo in rete i suoi quasi cinquantamila libri con le biblioteche scolastiche, il polo bibliotecario di San Martino e quello della Fondazione Paolo Grassi. Compito d’una città ben governata in senso culturale è anche una collaborazione continua con il Muba, il museo della Basilica di San Martino. Si tratta di procedere avendo come riferimento una formazione scolastica e culturale che formi cittadini sensibili alla cultura e alle arti. I tanti giovani talenti martinesi confermano che siamo sulla strada giusta».

 Si chiede di candidare Martina a capitale italiana della cultura.  

«Possiamo cercare di farlo risolvendo alcuni problemi e così migliorando la qualità della vita: penso all’incremento della raccolta differenziata, all’ecosostenibilità, ai parcheggi. Il centro storico può ritornare a essere abitato dalle famiglie e popolato di attività commerciali e artigiane se si attivano alcuni parcheggi: oltre a quello, funzionale, di viale Europa, quello di via Bellini e di piazza Mario Pagano, che dovrebbero entrare in funzione in tempi abbastanza rapidi. Se riusciamo a risolvere anche il problema di depurazione delle acque, ci potrebbero essere i coefficienti di ecosostenibilità per candidare Martina a capitale della cultura in Italia. Rispetto a questo proposito, però, vale rafforzare una memoria condivisa della città. Continueremo a celebrare la festa civile, Martina angioina, nata nel 2012 sull’onda della celebrazione dei settecento anni dal riconoscimento del casale della Franca Martina da parte di Filippo d’Angiò. Diventiamo migliori se coltiviamo non soltanto le tradizioni, che sono importanti, ma anche la memoria storica. Perciò Martina è sede della Biennale delle memorie che sarà riproposta l’anno prossimo. Questo progetto interdisciplinare s’interroga sui meccanismi della memoria e di come, con le nuove tecnologie, sia un grande patrimonio da consegnare al futuro. La. memoria condivisa, rivitalizzata e viva è anche un punto di riferimento delle aree Unesco di Alberobello e di Matera, che rientrano nel patrimonio da valorizzare in rete, per altri versi, del barocco e del rococò che legano Martina a Napoli, a Lecce, a Noto».

 A proposito di memoria storica, chi guarda ad Antonio Scialpi non può non pensare che fai parte d’un gruppo di amici, il sindaco Franco Ancona, Lorenzo Micoli, il compianto Pino Oliva, che da quarant’anni è al centro delle vicende politiche martinesi.

«Accanto ai nomi che hai fatto ci sono anche tante amiche e amici che in questi anni si sono impegnati tantissimo. Alcuni non ci sono più. Come Vito Consoli e Pino che ci guardano dalle stelle e che, mi piace pensare, hanno vigilato da lassù affinché questa difficile campagna elettorale andasse a buon fine. Noi abbiamo potuto condurre tante battaglie perché fin dall’inizio tutte le persone che vi hanno preso parte hanno saputo lavorare in senso collettivo e comunitario. Il lavoro è stato una garanzia di coesione e di rispetto reciproco delle competenze, delle conoscenze e dei ruoli. Ne è scaturita una storia politica che non appartiene a un gruppo, ma a tantissime persone che hanno contribuito a stratificarla e che rappresentano una parte significativa della comunità cittadina. Il nostro lavoro per tentare di rendere migliore Martina vorrei idealmente dedicarlo a tutte loro. Un pensiero particolare va all’amico Pino Oliva. La sua capacità di distacco, di squisita ironia, insieme all’intelligenza e alle qualità personali, sono state fondamentali per la dimensione umana di tutti noi».

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