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Chiarelli leghista. E se Marraffa ...

di Pietro Andrea Annicelli

03/05/2021 Politica

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Chiarelli leghista. E se Marraffa ...

 

     A un anno e otto mesi dalla sua adesione alla Lega, Gianfranco Chiarelli, non ci fosse stata la nomina, lo scorso 29 aprile, a commissario della Camera di Commercio di Taranto, il dubbio d’aver preso un bidone avrebbe dovuto cominciare a considerarlo. Lui non è un idealista e neppure un politico puro. Ritiene la politica una continuazione della sua legittima espressione di competenze. Perciò le cene dell’estate 2019 con gli amici Roberto Marti e Luigi D’Eramo, nulla più di tranquille serate conviviali per il diretto interessato, avevano scatenato il gossip nei giorni della crisi del governo gialloverde Conte Uno. Girava voce che fosse pronto per lui un collegio blindato in elezioni che avrebbero dovuto svolgersi entro qualche settimana. Se quello era il piano (ma GC smentirebbe), Matteo Salvini, con la scempiaggine dei pieni poteri, ha rovinato tutto. E Chiarelli, uomo concreto al contrario del chiacchierone padano, si è ritrovato a fare qualcosa che non ama e che non credo fosse nelle sue previsioni: politica.

 

Gianfranco Chiarelli, a destra, con Matteo Salvini

 

     I CONTI DI CHIARELLI, allo stato attuale, comunque non tornano. La hybris di Salvini, scaricato da un governo in cui faceva il ras grazie alla soggiacenza di Luigi Di Maio e ora sul carro di Mario Draghi dove comincia a intravedersi la stella del più moderato e sagace Giancarlo Giorgetti, ha reso le potenziali ambizioni chiarelliane più sfumate. L’incarico di vice coordinatore regionale e di capo indiscusso in provincia di Taranto gl’impongono l’ardua costruzione della rete di legami e di alleanze (lui direbbe: la formazione d’una nuova classe dirigente) che rendano la Lega, soggetto politico infido ai meridionali, più sintonizzata sulla complicata dimensione territoriale.

     Pino Pulito era andato in avanscoperta, due settimane prima delle europee del 26 maggio ‘19, esodando da Forza Italia con Giacomo Conserva (detto altrimenti, in questo articolo, GC2) e gli altri due consiglieri comunali Pasquina D'Ignazio e Mauro Bello. Il cambio di casacca portava voti a tale Massimo Casanova, titolare dello stabilimento balneare Papeete Beach di Milano Marittima dove notoriamente Salvini ozia d'estate con mojito e cubiste, eletto in Europa grazie anche ai voti dei terùn locali. I consensi ad Andrea Caroppo distinguevano Angioletto Gianfrate, onesto leghista della prima ora. Esibendo su Facebook il selfie con Salvini, Angioletto alludeva con pia perfidia: «Non ti stancare mai di fare il bene anche se ricevi il male. Ti rimarrà comunque la soddisfazione di non essere come gli altri». E con improvvisate quanto efficaci dirette video sullo stesso Facebook, Gianfrate avviava il filibustering verso i neo leghisti locali evidenziandone, a suo avviso, il bieco opportunismo.

     GC, a ragione, si ritiene in credito con Forza Italia dopo le ultime politiche che lo hanno visto perdere il seggio a Montecitorio. La candidatura al Senato a Taranto, a cui aspirava, andata alla assai meno rappresentativa Maria Francavilla, moglie però dell'ex presidente della Provincia Martino Tamburrano non ancora caduto in disgrazia, seguita dall'adesione di Fitto a Fratelli d'Italia, lo hanno convinto ad abbracciare la causa leghista. Giacomo Conserva è il segretario in provincia di Taranto, Pasquina D'Ignazio a Martina Franca, Mauro Bello è il capogruppo consiliare. E Pulito?

 

Giacomo Conserva e Pino Pulito

 

     L'ex candidato sindaco di Forza Italia che, invogliato da GC2, aveva preso d’assalto il Tar di Lecce lamentando che toccava a lui e non al sindaco Franco Ancona andare al ballottaggio alle ultime comunali, salvo essere clamorosamente smentito dal riscontro delle schede elettorali, due anni fa non se l’è più sentita di rivolgersi al Consiglio di Stato. Qualche tempo dopo è stato dichiarato idoneo a un bando regionale di concorso come funzionario all'Aress. E grazie al Pd che temeva di rafforzare i renziani del suo ex segretario Vincenzo Angelini, Pulito è riuscito, alla fine del 2020, a conservare il seggio in Consiglio comunale nonostante le tante assenze. Il patto tra lui e GC2, quattro anni fa, prevedeva che se avesse fatto il sindaco, l’altro sarebbe stato candidato al Consiglio regionale. Così è stato anche se Pulito non è andato avanti in politica. Conserva è diventato consigliere regionale per il rotto della cuffia. Primo dei non eletti, si è avvalso della rinuncia di Fitto che, per fare il consigliere regionale, avrebbe dovuto dimettersi da eurodeputato.   

     POLENTA, ORECCHIETTE E CIME DI RAPE? GC insiste sulla sensibilità moderata che ha individuato in esponenti leghisti, tra cui appunto Giorgetti, conosciuti alla Camera quand'era deputato. Rispetto a questo suo convincimento, cerca di fare proselitismo in provincia di Taranto, in particolare tra i giovani professionisti. La natura profonda del leghismo, però, non sono gli Amici di Padre Pio di Angioletto Gianfrate a cui potrebbe tranquillamente aderire chiunque non sia allergico a un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, ma l'analisi nuda e cruda di Aldo Giannuli: «La Lega ha sdoganato e chiamato a raccolta la feccia del popolo italiano: quelli che scrivono sulla pagina web di una donna gravemente ammalata “adesso che hai il cancro la smetterai di attaccare Salvini”; quelli che non esitano a sparare alle spalle di un ladro disarmato e in fuga per recuperare qualche centinaio di euro e che pretendono una legittima difesa come diritto di inseguimento; quelli che non battono ciglio di fronte alle foto di decine di bambini immigrati annegati perché l’importante è che non vengano qui; quelli che dicono che l’ente locale deve tagliare le spese per la cultura; quelli che chiedono leggi dure per la sicurezza, ma non badano alla sicurezza sul lavoro dei propri dipendenti per risparmiare qualche migliaio di euro». E allora?

     Chiarelli lo conosciamo: è un moderato (di destra) estraneo ai modi e ai sentimenti descritti da Giannuli. In discussione non è però l'orientamento personale suo o di altri, ma la politica leghista. Lui ha detto di non aver voluto seguire Fitto in Fratelli d'Italia perché non si sente attratto dalla Destra ex missina ed ex di Alleanza Nazionale. Forse però ha trascurato il legame che il partito della Meloni ha con il conservatorismo europeo e transnazionale attraverso i Conservatori e Riformisti Europei: compreso il Partito Conservatore britannico e il Partito Repubblicano statunitense. Significa che Fratelli d'Italia aderisce a uno schieramento conservatore internazionale le cui componenti euroscettiche e sovraniste, talvolta discutibili come l’autocrate ungherese Orban e gli illiberali clericali polacchi, sono stemperate in una logica conservatrice democratica, occidentale ed europea. La Lega invece, che continua a chiamarsi Lega Nord per l'indipendenza della Padania, al netto delle connessioni con la Russia di Vladimir Putin e con gli estremisti di Casa Pound, è un partito populista di destra, anche estrema, con una larga componente opportunista, come ribadisce il cursus honorum di Salvini: uno che dà sempre l’impressione che, se gli servisse, potrebbe cantare in sequenza a squarciagola, ineffabilmente, Bandiera rossa, O bianco fiore e Faccetta nera, seguite dagli inni del Milan, del Napoli e della Juventus.

 

Gianfranco Chiarelli e un controverso slogan leghista

 

     Chiarelli, a suo dire, è convinto di lavorare per una Lega che si trasformi in un grande partito nazionale moderato. Gli auguro di riuscire nell’impresa. Quando parlai con Pino Pulito, due anni fa, insisteva a dire d'aver aderito a un partito altro rispetto a quello notoriamente e sguaiatamente antimeridionale e plebeo. Gianfrate, a sua volta, ha sempre vantato la sua appartenenza cattolica, solidale e post democristiana. A lungo termine la Lega, che è la forza di più anziana costituzione presente in Parlamento e che si è trasformata molte volte nel suo variegato e talvolta contraddittorio percorso politico, potrebbe davvero liberarsi degli orpelli folcloristici ed estremistici trasformandosi in un partito moderato. Ma il suo attuale senso profondo ce lo spiega bene, ancora, Aldo Giannuli ridimensionando anche la semplificazione fuorviante di chi la accomuna con una potenziale riedizione del Fascismo: «I fascisti, individualmente, potevano anche essere evasori fiscali o ladri (e diversi gerarchi lo furono abbondantemente), ma nessuno si azzardava a teorizzare che fosse giusto non pagare le tasse o che si dovesse essere comprensivi verso gli evasori; invece il popolo leghista è fiero della sua evasione, perché i fascisti erano un soggetto politico con una sua idea dello Stato (assolutamente ripugnante, ma c’era), mentre i leghisti sono un branco di miserabili privi di ogni idea collettiva. Il loro localismo e la richiesta di autonomia è solo un modo di pagare meno tasse».

     Il riferimento è a certo leghismo padano doc piuttosto che ai seguaci sotto la Linea Gotica. Se però vai con Salvini, è facile che pensino che salvineggi. Non dovesse riuscire in fretta l’evoluzione moderata leghista, a GC si porrà un serio problema culinario: vale la pena continuare a conciliare polenta, orecchiette e cime di rape? E che ci continua a fare nella Lega il figlio d'un ambulante martinese diventato con tenacia, intelligenza e duro lavoro il professionista capace che tutti conoscono?

     MARRAFFA E IL MOJITO. La politica in transizione confusionaria e opportunista ha privato di rappresentanza quei moderati, tendenzialmente di estrazione conservatrice e cattolica, che se da un lato non voterebbero spontaneamente per il Partito Democratico, dall'altro scansano le truculenze leghiste, rifiutano le camicie nere, allibiscono per Liliana Segre costretta ad avere una scorta. A Martina, della vecchia guardia post democristiana è rimasto in politica Michele Marraffa.

     L'uomo lo conoscete: intelligente, volitivo, cocciuto, sanguigno fino all’intemperanza. Grande forza d'animo, grande lavoratore, ne ha fatta di strada da quando, poco più che ragazzino, si alzava nottetempo per saltare su un camion e avventurarsi lungo strade blu. Dicono che un suo tarlo esistenziale, dopo una vita faticosa ma gratificante, sia: perché io, imprenditore di successo, in politica al massimo ho fatto l'assessore?

     Se guardasse a coloro, anche bravissimi, che dalla politica, in termini di cariche e incarichi, non hanno ricevuto ciò che avrebbero meritato, da Antonuccio Silvestri al compianto Pasquale Caroli, da Antonio Scialpi a Leonardo Conserva, Marraffa non avrebbe di che lamentarsi. Ma poiché, per vent'anni, si è trovato davanti Lino Nessa, me lo immagino a quei tempi ruminare insistentemente: «Ma pɘccĕjɘ nɘngɘ stɘ ji̭gghjɘ a u' Sɘnétɘ 'mbécɘ dɘ cŭssɘ ...?» (Perché al Senato non ci sto io invece che questo ...?). 

 

Michele Marraffa alla guida d'uno dei suoi automezzi

 

     MM sa essere un capo spartano e operaio, capace di guidare per un continente un convoglio con mezzi speciali per trasporti eccezionali. Fosse nato ai tempi della conquista del West, sarebbe stato alla guida d’una carovana di pionieri. Occhio di lince e fucile Winchester con il colpo in canna, eccolo appollaiato sul carro di testa che s’inoltra lungo praterie e canyon sconosciuti guardandosi dalle imboscate dei comunist … Ehm: dei pellerossa.

     Giustamente, con tanti perdigiorno a Montecitorio e a Palazzo Madama a rovinare l'Italia, Marraffa avrà sognato d'essere protagonista, in un'infuocata commissione parlamentare o in un emiciclo, d'un piano industriale serio per Taranto. Ce lo vedo, aria cazzuta, naso affilato, sguardo spiritato, ghigno da combattimento, affrontare in anglo-martinese il collega Lakshmi Mittal in persona: «Cumbèrɘ, l’amma spɘcciàjɘ d’nguacchià Tardɘ? If you want to stay here, our children must not breathe the crap from your factory. Let’s make a nice ecological conversion plan. Pójɘ scĕmɘ da l’amichɘ mìgghjɘ Berlusconi e jɘddɘ annŭscɘ a nóugguɘ to Mario Draghi to let us finance it» (compare, la vogliamo finire d’inquinare Taranto? Se vuoi restare qui, i nostri bambini non devono più respirare le schifezze che fuoriescono dalla tua fabbrica. Facciamo un bel piano di riconversione ecologica. Poi andiamo dall’amico mio Berlusconi e lui ci porta da Mario Draghi per farcelo finanziare). Altro che la senatrice Barbara Lezzi, quella che voleva sostituire l'acciaio con le cozze ...

     Non ce lo vedo invece, Marraffa, a perdere tempo sprofondato nei divani del Papeete a sorseggiare mojito con Salvini, Casanova e le cubiste più Pino Pulito e Giacomo Conserva di nascosto alle mogli (ma questo è impossibile: pare che i due abbiano mogli talmente toste che li marcano stretti pure al gabinetto). Eccolo, MM, sdegnare le mollezze salviniane e tirare addosso al carico a chiacchiere padano, al suo sodale romagnolo e ai terùn di complemento i cubetti di ghiaccio del mojito facendo scappare le cubiste: «Salvini, vu favɘddàjɘ pɘ mèmɘ? Vɘnɘ a Martɘnɘ a la Werent: Cuntrètɘ Rospano, 133. E cumbɘnà l'òrɘ: ji̭gghjɘ travagghjɘ, fa' ca stàje a pɘgghiàje pɘ fěssě lu crastjènɘ» (Salvini, vuoi parlare con me? Vieni a Martina alla Werent: Contrada Rospano, 133. E prendi appuntamento: io lavoro, mica sto a prendere per fesse le persone).   

     MARRAFFA IL DEMOCRISTIANO. MM, insomma, avrebbe carte da giocarsi nella ricostituzione a Martina di un'area di moderati di centrodestra. Le amarezze incassate in politica, a una certa età, fortificano. E si trasformano, senza retorica, in una risorsa: Franco Ancona e Tonino Scialpi sono lì a dimostrarlo. Deve però accettare, Marraffa, di fare come loro: formare eredi sapendo che non saranno dei cloni.

     Nunzia Convertini prima segretaria del Pd quattordici anni fa, ora in pole position come candidata sindaco del partito nel 2022, è un risultato dello scouting intrapreso da Ancona, Scialpi e Lorenzo Micoli dopo che la sconfitta al primo turno nelle comunali del '07 aveva azzerato il Centrosinistra. Si possono discutere lei, Pasquale Lasorsa, Stefano Coletta, Valentina Lenoci, Gianfranco Palmisano eccetera. Sono però l'effetto d'un patto generazionale, garantito anche dall'altrimenti autarchico Donato Pentassuglia, che è stata l'unica novità politica locale dai tempi di Leonardo Conserva sindaco.

 

Michele Marraffa sul palco nel 2017 con un assorto Giovanni Calianno, uno dei giovani di Idealista che poi si sono allontanati 

 

     MM stava facendo qualcosa di simile con Idealista. Giovani come Pasquale Massafra, Michele Mastrovito, l'ultimo segretario Carlo Zito, rappresentavano delle possibili alternative da centrodestra al patto generazionale del Pd. Qualcosa si è rotto prima delle scorse comunali, dove IdeaLista doveva presentarsi, pare con Donatella Castellana candidato sindaco di bandiera, ma alla fine rinunciò. Oggi Massafra e Mastrovito non sono più nel gruppo. E Marraffa ha preso in mano una Forza Italia svuotata e ridimensionata rispetto ai tempi d'oro, peraltro facendo una figura onorevole alle ultime regionali candidandosi quasi all’ultimo momento su richiesta, si dice, dello stesso Silvio Berlusconi.

     MM ha antiche e solide radici democristiane. Potrebbe ancora rilanciare o coadiuvare un processo di ricostituzione dell'area moderata conservatrice a condizione di non volersi mettere al centro: l'imprenditore al comando del pubblico è un'immagine ormai vetusta e stanca. La candidatura a sindaco è un treno passato nel '12 che non ripasserà. E non dovendo notoriamente campare di politica, né avendone bisogno per collocarsi socialmente, immagino che Marraffa ambisca a un seggio in Parlamento innanzi tutto per amor proprio. E ci sta. Deve però meritarselo attraverso un progetto politico. Altrimenti tanto varrebbe comprarselo come fece, a suo tempo, qualcun altro.

 

Michele Marraffa sul palco in piazza XX Settembre durante la campagna elettorale delle ultime regionali

 

     Ce la può fare? Certo che sì. Deve però lasciare ad altri, lui che è un uomo d'azione, l'elaborazione del progetto. E porsene al servizio con l’umiltà dei suoi migliori successi imprenditoriali fissando il suo personale obiettivo all'interno di quello generale. Facile a dirsi, difficile a farsi? Se MM non ci crede, piuttosto che gestire in politica un logorante e in fondo inutile ruolo d'interdizione come sta facendo, si dedichi a progettare il ponderoso semovente che trasporterà sulla rampa di lancio il futuro missile che manderà l'uomo su Marte. La riuscita d'ogni progetto politico dipende dalle circostanze e soprattutto dalle persone. Ognuna delle quali deve collaborare con spirito di servizio, non per esclusivo tornaconto.   

     Non si deve perdere di vista che le chiacchiere di Salvini hanno intercettato delle nevrosi diffuse negli italiani, non le hanno create. La soluzione ai problemi non sono i demagoghi interessati alla carriera e al potere, ma la capacità delle persone di riconoscersi su valori democratici e affrontare i problemi con volontà, coraggio e tenacia.

    

 

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