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Direttore Pietro Andrea Annicelli

Dopo l'irreparabile

di Pietro Andrea Annicelli

24/05/2017 Editoriale

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Dopo l'irreparabile

Ci sono diverse sfaccettature nella tragedia di via Mario Greco. Innanzitutto la fatalità dolorosa: l’ottantaseienne Antonia Narcisi esce da casa per buttare la spazzatura e va incontro alla morte. Poi lo sconcerto: come può succedere che la donna sia stata investita sulle strisce pedonali in una strada che inizia in salita? La sorpresa: per la notorietà dell’investitore. Don Franco Angelini, parroco di San Domenico. L’assurda coincidenza: sembra che il sacerdote si stesse recando in parrocchia per celebrare messa e che la signora fosse una parrocchiana.

Sua figlia, con sobrietà, ha comunicato l’accaduto in uno dei gruppi di martinesi su Facebook affinché, ha detto, non passasse sotto silenzio. I giornalisti l’hanno raccontato. Un’indagine della magistratura stabilirà come e perché sia potuto accadere. Nelle more, serve buon senso. Ciò affinché la narrativa non prenda la piega di certi commenti vacui nei social. Dove al cordoglio si sostituisce il rancore e un moralismo tanto generico quanto inutile.

L’omicidio stradale, ipotesi rispetto alla quale, stando alla ricostruzione dell’avvocato dei familiari della signora Narcisi, risultano orientate le indagini, è stata introdotta un anno fa e persegue chi, violando il Codice della strada, ha causato la morte di qualcuno. Ci sono delle aggravanti se la guida è avvenuta sotto l’effetto di droghe o di alcol, oppure se vi sono state delle condotte pericolose. Cosa è possibile dire rispetto alla vicenda?

Pare che il guidatore non si sia accorto della passante. È avvenuto a causa della velocità eccessiva? Perché andava contro sole? C’è stata una fatale distrazione? Appare inverosimile, data l’età (settantatré anni) e la solida reputazione, che il parroco fosse alla guida alterato da sostanze proibite. A meno di non pensare all’effetto, non calcolato, d’un farmaco regolarmente assunto.

È poi utile capire se, oltre alla passante, il guidatore non abbia visto neanche le strisce pedonali che inducono, di solito, a rallentare istintivamente. Ieri Agostino Quero di Noi Notizie si è recato in via Mario Greco e ha constatato che di tre sequenze di strisce pedonali a varie altezze della strada, quella nella parte alta si vedeva bene, le altre due erano alquanto sbiadite, come si può constatare nelle due foto. A Martina non è una novità. In diverse zone la segnaletica è poco visibile. Due commissari straordinari, finora, non sono stati sufficienti a porre rimedio.

Una delle foto mostra un altro aspetto: l’ingombro delle auto parcheggiate che sottrae visibilità alle strisce e in generale alla prospettiva. È possibile che, insieme, le condizioni di visibilità, la segnaletica sbiadita e la visuale occupata dalle auto abbiano influito sulla tragedia? Lo dirà la magistratura. Una cosa, però, è assolutamente certa. Non c’entra nulla che alla guida ci sia stato un sacerdote piuttosto che un militare, un contadino, un impiegato comunale, un operaio, un medico, un architetto. Vale per quelle critiche che hanno riguardato il sacerdote in quanto tale, non la possibile dinamica dell’accaduto.

Sono accuse senza capo né coda che non servono a nessuno. Vale invece immaginare, come si dovrebbe cercare di fare immedesimandosi nelle disgrazie altrui, che insieme ai familiari che piangono la perdita d’una congiunta c’è un uomo che, a prescindere se e quanto gravi siano le sue eventuali responsabilità, soffre per quello che è successo.

Non conosco don Franco Angelini. Ne ho però sentito parlare bene da persone di mia fiducia che sono in rapporti con lui da molti anni. Perciò non faccio fatica a immaginarlo chiuso nel dolore per la vita che è stata spezzata.

La magistratura farà il suo corso. Per un uomo di Chiesa ci sono però anche altre realtà, spirituali ma non meno tangibili, alle quali rendicontare. Così come dovrà farlo nei confronti dei martinesi, anche per la visibilità della segnaletica e il parcheggio scomposto delle auto in quella strada, chi andrà a governare Martina.

È stata proprio una brutta disgrazia.

 

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