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Direttore Pietro Andrea Annicelli

Il coletticidio

di Pietro Andrea Annicelli

24/05/2018 Editoriale

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Il coletticidio

 

Il Partito Democratico di Martina ha una capacità innata di farsi del male. La gestione delle dimissioni dell’assessore Stefano Coletta ne è la più recente dimostrazione.

La novità è il cannibalismo politico nello stesso partito. Il rischio, una deriva antropofaga fino all’autodistruzione.

 

Stefano Coletta: l’ingombro

Il peccato originale è dell’ex vicesindaco, immemore del monito di Giulio Andreotti a non dare le dimissioni perché c’è il rischio che te le accettino. Non torneremo sul suo scontro con la dirigente al Bilancio, Anna Rita Maurizia Merico, se non per dire che il sindaco non è propenso a sostenere gli assessori che litighino con i dirigenti. Lo sa bene Gianfranco Palmisano. Dopo uno scazzo con Giuseppe Mandina, il dirigente ai Lavori pubblici, settore di cui ha la delega, aveva affrontato a muso duro Franco Ancona: «Me o lui». Per sentirsi rispondere: Mandina. E ha rinculato senza sognarsi di dimettersi: il posteriore prima di tutto.

Coletta, spericolato e vanitoso, ha invece spontaneamente infilato il collo nel cappio presentando le dimissioni «irrevocabili». Ha fatto salti di gioia chi, nel Pd, non aspettava altro per dedicarsi al passatempo preferito: il toto assessore. Ed è stato preparato in tutta fretta il cahier de doleances per isolare e lordare il reprobo qualora ci ripensasse: è arrogante e dispotico con tutti, tratta male i dipendenti comunali, pretende dai dirigenti che i progetti di sua competenza siano finanziati prima degli altri, trascura le riunioni di giunta per fare favori ai suoi elettori, dice sempre che ci ha fatto vincere le elezioni, crede che la tutela dei suoi voti sia più importante di quella degli altri, si mette in competizione con il sindaco, fa dire a suo cugino Donato Carrisi che sarà lui il prossimo sindaco, divide i consiglieri e gli assessori, non ha fatto autocritica sul sistema di raccolta dei rifiuti e sui disagi che ha provocato, è presuntuoso e crede di sapere tutto, fornisce una cattiva immagine istituzionale nei post che mette sui social network, non fa gioco di squadra …  

Al netto delle maldicenze e delle invidie, c’è anche del vero. Ma non è servito per un confronto leale, funzionale a una migliore intesa per una più proficua collaborazione. È stato invece trasformato in munizioni pretestuose per un uso strumentale. 

 

Un partito tecnicamente inaffidabile

L’occasione per spararle ad alzo zero è stato il consiglio comunale sul bilancio. Lì il consigliere Filomeno Antonio Lafornara si è esibito in uno stupefacente intervento demolitore. Chi pensa che Lafornara sia stato offensivo verso Coletta, evidentemente non ha considerato che politicamente lo è stato, per i modi e i termini, innanzitutto verso la sua intelligenza: nessun consigliere di opposizione sarebbe stato capace di far fare al gruppo consiliare del Pd una figura altrettanto deprimente.  

A quel punto, secondo il manuale della buona politica, avrebbe dovuto prendere la parola la capogruppo, Nunzia Convertini, per gettare acqua sul fuoco. Della serie: il gruppo del Pd, per fare chiarezza a beneficio dei cittadini che ci seguono oltre che del Consiglio comunale stesso, si dissocia dalla forma e dal contenuto dell’intervento del collega Lafornara, che deve quindi essere inteso a titolo esclusivamente personale, non rispecchiando né la nostra linea politica né i nostri sentimenti verso Stefano Coletta. E la falla sarebbe stata tappata evitando di fare la parte degli allocchi.

Niente di tutto questo. E ai grandi strateghi nel gruppo consiliare del Pd, Giuseppe Cervellera ad esempio, non è passato per la mente che la riduzione del danno sarebbe stata recuperare Coletta al dialogo e insieme fare un passo in avanti nella qualità dell’azione amministrativa. Hanno invece determinato le condizioni, poco importa se consapevolmente o meno, per la sua definitiva estromissione dall’Amministrazione Ancona, elevandolo al rango non solo di vittima invece che di causa del suo male, ma fornendo del Pd l’immagine, e il senso politico, d’un partito che non rispetta neppure le sue stesse regole.

La questione l’ha spiegata bene Massimiliano Martucci su Martina news. Ci sono però delle ragioni profonde che attengono non solo a una generazione il cui traballante senso democratico si è formato sul bipolarismo fasullo della Seconda Repubblica, che molto deve alla logica del gioco d’azzardo secondo cui il vincitore prende tutto, ma soprattutto al provincialismo che induce a considerare una sorta di proprietà i consensi ricevuti, per cui li si usa per i propri fini e non per rappresentarli responsabilmente nella maniera migliore. Le dimissioni di Coletta non hanno perciò comunicato il dato oggettivo d’una rottura esiziale del progetto politico del Centrosinistra a cui rimediare in fretta e bene. Qualcuno la cui immaginazione è lanciata irresistibilmente verso un improbabile futuro di assessore, sindaco, consigliere regionale, parlamentare, avrà invece (s)ragionato: uno dei competitor più accreditati si è levato di mezzo da solo: non facciamolo ritornare.  

 

Franco Ancona: un errore enorme

Ecco quindi che mentre il direttivo incarica la segreteria di condurre una mediazione che va a buon fine, con Coletta che accetta di ritornare senza porre condizioni e ingoiando anche l’ultimo rialzo dell’asticella da parte del gruppo consiliare, non fare il vicesindaco perché andava ricostruito un rapporto fiduciario con il sindaco, il gruppo stesso, in maniera subdola, preme sul sindaco per estromettere definitivamente Coletta. A questo punto, più che il fragile segretario Vito Cramarossa, diventa determinante Franco Ancona

Lo conosco da molti anni. Altrettanto Antonio Scialpi e Lorenzo Miccoli, quest’ultimo stranamente distante dai due amici negli ultimi tempi. Li reputo dei bravi amministratori. Non lo sono però altrettanto come politici: se la cavano solo con l’esperienza di mille battaglie, cicatrici, sconfitte e vittorie. Maturata fin da un tempo in cui essere minoranza nella Martina della Democrazia Cristiana partito stato significava guadagnarsi lo spazio politico con le unghie e con i denti: altro che l’ambizione a fare l’assessore, il sindaco, il consigliere regionale, il parlamentare degli attuali trenta-quarantenni cresciuti nel cupio dissolvi della politica e nelle chiacchiere della propaganda mediatica di Berlusconi, Grillo, Renzi.      

Franco Ancona, laureato in Scienze politiche, conosce benissimo la differenza tra la democrazia come rappresentanza autentica, plurale, e l’autoreferenzialità individualista del maggioritario fasullo. Un anno fa ha pure aderito al Pd, per cui era personalmente coinvolto a pieno titolo nell’evoluzione tanto amministrativa che politica della vicenda Coletta. Cedendo ai consiglieri invece che gestire in prima persona la situazione, il sindaco ha commesso lo stesso errore del suo predecessore Franco Palazzo quando, per tre anni, si è relazionato a quelli che riteneva essere ancora dei partiti e che ormai erano un’aggregazione scoppiata d’individualismi in conflitto politicamente sterili.

Ancona, con il direttivo del Pd che era per il rientro di Coletta ed essendosi chiarito con lui sul piano personale e amministrativo, ai consiglieri venuti a strillare nel suo ufficio in Comune che non volevano il ritorno dell'assessore che si era dimesso avrebbe dovuto rispondere, più o meno: voi, dopo la sceneggiata di Lafornara, non siete in grado né avete il diritto di porre delle condizioni perché agli occhi dei cittadini siete inaffidabili e senza dignità politica. Non vi accorgete che cacciando Coletta vi costruite da soli le condizioni per un’opposizione interna al Pd che rischia di mandarci tutti a casa? Posso perdere tempo io con certe scempiaggini? Perciò si fa a modo mio: gli equilibri in Amministrazione comunale restano quelli scaturiti dal voto popolare e con Coletta me la vedo io. Voi fate il vostro dovere in Consiglio ed evitate di aprire bocca per fare danni. Se non vi sta bene, mi sfiduciate e me ne torno a fare il nonno, così magari imparate che nella vita c’è qualcosa di più importante che farvi le scarpe a vicenda per diventare assessore, sindaco, consigliere regionale, parlamentare …   

Ma Franco Ancona non l’ha detto. Si è invece fatto imporre la soluzione tampone dell’assessorato affidato a Cramarossa. Soluzione tampone perché da un lato Cramarossa dovrà dimettersi, da assessore o da segretario, perché lo prevede lo statuto nazionale del Pd. Dall’altro perché potrebbe doverlo fare se un assessorato sarà affidato a una donna per ottemperare alla legge sulla parità di genere, come giustamente sollecitano IdeaLista e i LeAli per Martina

 

La staffetta e i cannibali

L’indiziata numero uno a beneficiare della staffetta è Nunzia Convertini. Ma anche qui si rischia un’altra guerriglia interna al Pd. Secondo alcuni, infatti, la Convertini, avendo rinunciato nella fase dell’assegnazione degli assessorati per fare la capogruppo consiliare, non dovrebbe poter ritornare sui suoi passi, ammesso che intenda farlo. Il criterio dello scorrimento della lista degli eletti del Pd alle comunali, seguito per la nomina degli assessori, prevede quindi Arianna Marseglia, che è tra i consiglieri non ostili a Coletta e non è detto che accetti. Il che potrebbe portare a nuove, inutili discussioni.

Morale della favola: quando in un partito si comincia a mangiarsi l’un l’altro, l’appetito vien mangiando e ognuno deve guardarsi dalle fauci fameliche dell’altro. Allora il partito smette di esistere e diventa la lotta atavica di tutti contro tutti. Intanto quello che in origine era stato un deprecabile colpo di testa d’un giovane uomo probabilmente stressato dalla difficoltà di coniugare la passione per la politica, l’attività amministrativa, gli studi, la vita privata, si è trasformato in una gigantesca crisi di rapporti personali prima ancora che politici: un gorgo che si allarga e che rischia di risucchiare, oltre al Pd, l’Amministrazione comunale.

Ci fosse un’alternativa seria e autorevole nel Centrodestra, o nei 5 Stelle, o nei movimenti civici, si potrebbe pensare a un cambiamento. Ma il Centrodestra è quello che era un po’ peggiorato dall’usura della politica. I 5 Stelle sono evanescenti. Non vi sono movimenti civici che non siano marginali.

Non resta che augurarsi un rapido resettaggio dei democratici, magari con la mediazione di Donato Pentassuglia che in tutta la vicenda è restato a guardare. I presupposti per un percorso amministrativo sereno, però, non ci sono più.

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