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Gianfranco Chiarelli: «Io e la Lega»

di Pietro Andrea Annicelli

17/07/2020 Politica

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Gianfranco Chiarelli: «Io e la Lega»

 

L’arrivo a Martina Franca di Matteo Salvini per inaugurare la locale sede della Lega rappresenta per Gianfranco Chiarelli, vice coordinatore regionale, un successo personale oltre che l’inaugurazione della campagna elettorale per le regionali.   

Sei notoriamente un moderato. Perché hai scelto la Lega, che da alcuni anni tende a collocarsi all'estrema destra, per riposizionarti?

«Non mi risulta che la Lega sia di estrema destra. Nella mia attività parlamentare ho conosciuto diversi esponenti leghisti, come Giancarlo Giorgetti, che sono assolutamente moderati. La Lega è un partito storicamente di centrodestra e io ho sempre militato nel Centrodestra. Mi sembra quindi assolutamente normale aver aderito a una forza politica che guida, in termini di consenso, l'intera coalizione».   

Insomma, l'obiettivo è sottrarre la Lega a una deriva destrorsa adesso che è cresciuta assorbendo molti consensi che erano probabilmente di Forza Italia.

«Sono un moderato e sicuramente la mia azione politica sarà ispirata ai miei principi. La mia presenza, insieme a quella di molti altri, ha lo scopo di portare anche nel Mezzogiorno le buone pratiche di governo, che già si attuano nelle regioni settentrionali, d'una forza politica che alcuni hanno visto strumentalmente antagonista dei meridionali mentre invece così non è. Considero il buon governo della Lega assolutamente moderato per tanti aspetti. Probabilmente si confonde l'atteggiamento risoluto di Matteo Salvini su alcune questioni con la deriva destrorsa a cui fai riferimento, ma non è così nei fatti. La Destra cosiddetta identitaria, nella coalizione, è rappresentata da Fratelli d'Italia, che mi sembra anche il partito più a destra». 

Dici che la Lega non è antimeridionale. Continua però a chiamarsi Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Lo statuto approvato dal congresso straordinario di dicembre dice che essa «ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana». L’articolo 2, sulla struttura organizzativa, parla d’una confederazione composta da articolazioni territoriali regionali, definite “nazioni”, costituite in forma di associazioni non riconosciute: Alto Adige-Südtirol; Emilia; Friuli-Venezia Giulia; Liguria; Lombardia; Marche; Piemonte; Romagna; Toscana; Trentino; Umbria; Valle d’Aosta-Vallée d’Aoste; Veneto. Mancano il centro Italia e il Mezzogiorno Questa parte d’Italia sembra essere considerata terra incognita, quindi potenziale colonia.  

«Non, non bisogna vederla così. Innanzitutto c’è lo statuto del movimento politico Lega per Salvini premier che è una confederazione composta da tutte le regioni italiane costituite a vari livelli in forma di associazioni non riconosciute. L’obiettivo è fare espandere la Lega in maniera uniforme nell’intero territorio italiano. E che sia così lo dimostra il continuo girovagare di Salvini in Sicilia, Calabria, Puglia, Campania per stringere accordi e alleanze che costituiscano la classe dirigente dell’oggi e del domani. Secondo me è una buona cosa riconoscersi nelle buone pratiche amministrative delle regioni settentrionali amministrate dalla Lega e importarle al sud che, negli ultimi quindici anni, ha sostanzialmente vivacchiato dell’assistenzialismo delle amministrazioni di Centrosinistra che hanno fatto poco oltre a sistemare qualche figlio di amico loro». 

Insomma, la Lega in Puglia non sarebbe una forza politica subalterna a logiche d’importazione?

«No, assolutamente: pensare questo significa fare la caccia ai fantasmi. Te lo dimostra il fatto che Salvini è il leader nazionale, ma i soci fondatori sono pugliesi: Luigi D’Eramo e Giovanni Riviello. Ripeto: noi vogliamo formare la classe dirigente dell’oggi e del domani. Per questo non abbiamo accettato che all’ultimo momento qualche consigliere regionale uscente contrattasse il suo ingresso con noi in cambio della ricandidatura. La nostra è una scommessa e un’opportunità per il Mezzogiorno. Poi, come tutte le scommesse, si può vincere e si può perdere. Sai qual è la dimostrazione che Salvini non è interessato a colonizzare la Puglia ma a rinnovarne la classe dirigente?». 

Dimmelo.

«Se avesse voluto seguire le logiche portate avanti nel Centrodestra alle elezioni regionali degli ultimi quindici anni, logiche che hanno sempre diviso lo schieramento favorendo la vittoria dei nostri avversari, avrebbe potuto legittimamente imporre un candidato presidente della Lega. Invece ha fatto un passo indietro in favore di Raffaele Fitto per consentire l’unità del Centrodestra. Questo dimostra quanto Salvini ci tenga alla Puglia». 

Come mai non hai seguito Raffaele Fitto in Fratelli d'Italia?

«Non l'ho fatto dopo averne parlato con lui prima della sua adesione. Dissi tranquillamente che Fratelli d'Italia, un partito veramente di destra in considerazione di certi illustri esponenti che ne fanno parte, non era politicamente la casa in cui m'identificavo, per cui non restava che la Lega dopo che Forza Italia, ahimè, l'avevamo lasciata insieme da alcuni anni». 

Sei favorevole alla sua candidatura a presidente della Regione?

«Se guardiamo al profilo personale, Raffaele è l’unico politico del centro e del sud Italia che abbia insieme qualità, capacità ed esperienza politica. Il suo curriculum parla da solo: ad appena cinquant’anni ha fatto l’eurodeputato, il ministro, il deputato, il presidente della Regione, il consigliere regionale. In più, forse nessun politico conosce meglio di lui le questioni d’interesse della Puglia. Raffaele non si discute».

Non temi che la sfida con Michele Emiliano sia anche una gara a chi subisce meno voto disgiunto?

«Non esiste. È così lontana da tutti noi l’idea di poter consentire a Emiliano di tornare alla presidenza della Puglia, e quindi a fare danni, che venderemmo l’anima al diavolo pur di vincere le regionali. Emiliano, per me, è stato il peggior presidente della Puglia di sempre». 

L’ingresso nella Lega ti ha fatto nuovamente incrociare i destini in politica di Pino Pulito e Giacomo Conserva, tuoi avversari alle comunali di Martina tre anni fa.

«È successo perché Pino e Giacomo erano in rotta di collisione con Forza Italia dopo che il coordinatore regionale è diventato Mauro D’Attis subentrando a Gino Vitali. Loro hanno condiviso il progetto della Lega prima di me. Li ho ritrovati nel partito quando vi ho aderito». 

Adesso ti troverai in campagna elettorale un amico come Renato Perrini, restato con Fitto in Fratelli d’Italia, e in più avrai candidato nella Lega Giacomo Conserva. Un bel problema.

«Per niente. Ognuno tirerà per la propria forza politica e si giocherà la sua partita puntando a vincere. Spero, come Lega, di prendere più voti di Fratelli d’Italia». 

Ti manca la Camera?

«Oggi no: per lo scempio che ne ho visto fare. Ma non avevo dubbi e l'ho detto in tempi non sospetti. Sono molto attento a vedere che cosa fanno. Finora, obiettivamente, non molto». 

E di Martina che cosa dici?

«Con estrema sincerità, sono concentrato su tutta la provincia affinché la Lega riesca a ottenere un significativo radicamento. Penso che Taranto abbia delle necessità maggiori rispetto agli altri comuni, Martina compresa. Non mi occupo della politica martinese. C'è un'Amministrazione comunale: osservo da buon cittadino. Ognuno può fare le sue considerazioni e trarre le sue conclusioni». 

Il calcio è sempre una tua grande passione?

«Sempre». 

C'è qualche remota possibilità di vederti, un domani, di nuovo alla presidenza del Martina Calcio o comunque in un ruolo attivo nella società? 

«No. Ho dato tanto ed è stata un'esperienza bellissima. Ho anche ricevuto abbastanza e le belle storie finiscono. Auguro a questi giovani che con tanti sacrifici portano avanti la squadra, peraltro con ottimi risultati, di riuscire a ottenere le risorse per riportare Martina nelle categorie che merita».

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