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Angelo Lucarella: «Il contratto di governo è stato un vincolo improprio per i parlamentari»

di Redazione

17/08/2020 Politica

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Angelo Lucarella: «Il contratto di governo è stato un vincolo improprio per i parlamentari»

 

Angelo Lucarella, giovane avvocato martinese, ha colto l’anomalia dell’accordo di due anni fa tra il Movimento 5 Stelle e la Lega per governare l’Italia nell’agile libretto L’inedito politico-costituzionale del Contratto di Governo, Aracne Editrice. Si tratta praticamente d’un pamphlet che spiega e testimonia in ottanta pagine, anche sul piano della tecnica giuridica, il cambiamento per certi versi epocale rappresentato dall’alleanza tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Come le è venuta l’idea del libro?

«Del tutto accidentalmente. In sede di consulta legale nazionale di Assoconsum a Roma ci fu sottoposto il dossier del contratto di governo per analizzarlo e capire che tipo d’interazione fosse possibile avere rispetto ai diritti, alle questioni e alle conseguenze che ne scaturivano sul piano normativo. Ne fui coinvolto per la parte tributaria. Poi me ne interessai a più ampio raggio e da quella curiosità è derivato questo libro».   

Il celebre contratto con gli italiani che Silvio Berlusconi stipulò in televisione nella trasmissione di Bruno Vespa fu chiaramente una mossa propagandistica che serviva a fidelizzare i potenziali elettori. Quello tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sembra invece poter avere delle conseguenze cogenti sul piano giuridico. È così?

«La differenza tra quello di Berlusconi e il contratto di governo tra la Lega e i Cinque Stelle è tutta nel tipo di fase politica. Berlusconi si trovava in una fase pre elettorale, Di Maio e Salvini in una fase post elettorale. Nel concreto, si tratta d’un diverso impegno nei confronti degli elettori. Il contratto di governo mette nero su bianco un accordo in apparenza giuridicamente vincolante che poi non si è rivelato tale sul piano politico. L’allora candidato Silvio Berlusconi scavalcò l’intermediazione con le altre forze politiche alleate attraverso una dichiarazione unilaterale diretta: costituzionalmente il contratto con gli italiani poteva attecchire ben poco. Quello tra le Lega e i Cinque Stelle, essendo stato fatto dopo un esito elettorale, è chiaramente diventato un’arma di condizionamento dei parlamentari. Questi ultimi, prima ancora di votare la fiducia al governo, si sono visti costretti a votare ciò che era stato deciso in anticamera dai leader delle loro forze politiche di appartenenza. Dal punto di vista costituzionale, almeno per forma e per prassi, ciò ha impedito una piena ed esauriente discussione delle linee programmatiche esposte dal primo ministro incaricato Giuseppe Conte per avere la fiducia. La funzione parlamentare ne è stata penalizzata». 

Conte sarebbe ancora vincolato dal contratto di governo?

«Lui in particolare no perché un contratto si fa in due, a meno che non si tratti d’una promessa unilaterale come quella di Berlusconi. Quello tra i Cinque Stelle e la Lega è invece un contratto temporalmente valido, ma non spendibile a livello governativo perché non c’è più la Lega, per propria scelta, a far parte del governo. Di fatto risulta valido per l’intera legislatura. E ciò si percepisce dal fatto che da alcuni mesi Di Maio asserisce di voler riprendere il contratto di governo. Ciò la dice lunga sulla sua debolezza rispetto al governo e al M5s rispetto a un anno fa. Il contratto ha portato in auge sia Di Maio che Salvini. Quest’ultimo se ne è giovato tantissimo, come ha confermato l’esito delle europee di un anno fa». 

Salvini può ritenersi parte lesa dal cambiamento di alleanza dei Cinque Stelle?

«Leso da un punto di vista giuridico potrebbe anche darsi, e nel libro analizzo questo aspetto della vicenda: è paradossale ma è così. Dal punto di vista politico, Salvini non soltanto ha raccolto tutti i vantaggi politici dal contratto di governo, ma ha quasi prosciugato il M5s. Lo dicono il voto dell’Umbria e le europee». 

Paradosso per paradosso, Salvini potrebbe pretendere di ricostituire la maggioranza di governo con Di Maio per via giuridica?

«No, questo no. Potrebbe però azionare un discorso civilistico nei confronti di Di Maio e dei Cinque Stelle». 

Come dev’essere considerato il contratto di governo rispetto alla Costituzione?

«Io sostengo che il contratto di governo sia degno sul piano civilistico ma non abbia una sua ragion d’essere dal punto di vista governativo, quindi costituzionale. Contrattualizzare un accordo politico dandogli la veste di rapporto civilistico evidentemente sposta il rapporto costituzionale dato dall’interazione tra il potere legislativo e il futuro potere esecutivo che, in quel momento, ancora non ha avuto la fiducia. Di fatto, ciò limita la funzione del parlamentare: è implicito. Dare una veste civilistica alla parte più alta dell’ordinamento giuridico sostanzialmente ha ibernato la libertà di analisi dell’offerta politica del governo incaricato da parte dei parlamentari. Il parlamentare eletto, se iscritto anche all’associazione politica che costituisce la forma, ad esempio, con cui sono organizzati i Cinque Stelle, chiaramente si trova di fronte a un’obbligazione. E se non vota a favore del governo, può essere ritenuto inadempiente in termini di responsabilità contrattuale». 

Di fatto è un’anomalia.

«È una grossa anomalia: per questo è un inedito nel  percorso costituzionale e istituzionale in Italia». 

Caso Diciotti: Salvini può invocare il contratto di governo?

«Assolutamente si». 

Perché?

«Perché nel codice etico del contratto di governo c’è scritto che non possono far parte del governo soggetti che siano sotto processo per reati gravi. Ad agosto 2019 il processo in sé non era partito, quindi il requisito di non far parte del governo non c’era ancora. Ma se quello è stato un motivo scatenante della crisi di governo, Salvini può chiedere civilisticamente la responsabilità del M5s. Sul piano politico, contrariamente a quello che si pensa, Salvini ha fatto la cosa più utile, altrimenti sarebbe stato travolto dalla situazione e ci sarebbe probabilmente stata una crisi di governo. Ha invece mantenuto un appeal che gli ha consentito di vincere in Umbria». 

Che riscontro ha avuto da questo studio?

«Notevole sul piano della politica giuridica: è una materia un po’ ibrida. Avere un quadro ibrido sulle questioni normative e politiche in relazione alla Costituzione consente di capire perché si fanno determinate scelte». 

Dal contratto di governo emerge una visione alquanto autoritaria della gestione politica.

«È così. Il contratto è firmato da due persone. Non c’è mai stata una scelta della Lega e del M5s intesi come movimenti partecipativi, ma un accordo tra associazioni non riconosciute. È un atto oggettivamente vincolante, e ha rappresentato un vincolo prima della discussione parlamentare. Perché stipulare un contratto se l’intesa politica c’è già? Si fa un accordo programmatico come il M5s ha fatto con il Pd. Il contratto è stato un’arma di condizionamento nei confronti dei parlamentari: c’è poco da fare».

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