Punzi, Conserva, Palazzo: Antonio Caroli, uomo di carattere
di Redazione
15/11/2020 Società
Sono tre i sindaci che derivano la loro esperienza, variamente intercorsa nelle diverse fasi storiche della loro sindacatura, dal legame personale e politico con la componente della Democrazia Cristiana martinese che ebbe come referenti i fratelli Giuseppe Caroli, deputato e sottosegretario, e Antonio Caroli, vicesindaco e uomo forte nelle amministrazioni guidate da Franco Punzi. Oltre a quest’ultimo, a sua volta espressione della Martina popolare che per la prima volta, a metà degli anni Settanta, si affaccia come protagonista della vita amministrativa, anche Franco Palazzo, assessore in quelle Amministrazioni, e Leonardo Conserva, giovanissimo testimone delle ultime fasi della storia democristiana prima di esprimere la sua militanza politica in Alleanza Nazionale, rappresentano la coda lunga dell’influenza carolingia nelle vicende di Martina. A tutti e tre abbiamo chiesto di ricordare Antonio Caroli.
FRANCO PUNZI (sindaco di Martina Franca dal 1974 al 1987 e poi tra l’88 e l’89).
«Quello tra me e Antonio non è stato un rapporto nato con la politica, ma risale a quando eravamo studenti. Facevamo gli scioperi per Trento e Trieste. Lui mi trascinava per un braccio affinché anche io, che ero più piccolo, contribuissi. Poi davamo una sigaretta al bidello per sapere quale provvedimento disciplinare stessero prendendo nei nostri confronti. Antonio era simpaticissimo, esplosivo e avanti rispetto a tutti. Si è rivelato un uomo generoso e leale anche in politica. Come avvocato mi ha spesso difeso, come si suole dire, con il sangue agli occhi, da denunce su questioni di edilizia quando ero sindaco. Nella Democrazia Cristiana di allora si può affermare che lui fosse il braccio operativo e il fratello Pinuccio la mente. Non significa, però, che Antonio fosse subalterno perché non era nel suo carattere: anzi, quando Pinuccio poteva sembrare troppo diplomatico, era Antonio, con la sua concretezza, che portava a sintesi l’azione politica. A volte lui non era d’accordo con Pinuccio, tuttavia ne difendeva le scelte nel partito. Seppero essere molto coraggiosi nel 1974 quando rischiarono di mettersi contro la Martina padronale, di cui pure facevano parte perché imparentati con i Motolese, pur di superare una fase in cui la politica dell’allora sindaco Alberico Motolese era ritenuta non più adeguata alle aspettative della città. In quella nostra svolta giovanile Pinuccio, deputato dal 1968, rivelò tutta la sua abilità, ma Antonio risultò indispensabile nell’assicurare, con la sua capacità organizzativa, la coesione del partito. Entrambi sostennero la mia candidatura a sindaco. Il Consiglio comunale mi elesse il 4 giugno 1974 quando Motolese fu dichiarato decaduto per le sue assenze. Antonio fu fondamentale, come vicesindaco, nelle Amministrazioni di allora e nella politica di Martina. Non credo che avrebbe voluto fare il sindaco: aveva un carattere forte e impulsivo. Era una polveriera sempre sul punto di esplodere, ma d’indole buona. Faceva il vicesindaco non perché fosse il fratello dell’onorevole, ma perché c’era una forte collaborazione e una grande fiducia tra noi. Ad esempio, nell’edilizia, essenziale nell’economia cittadina, io rappresentavo i lavoratori delle Acli e quindi le cooperative per fare le case popolari, Antonio era il riferimento per i costruttori: questo ponte tra noi era anche una garanzia dell’integrazione delle esigenze delle rispettive categorie e una ragione del nostro ampio consenso elettorale. Lui era un uomo molto intelligente: spesso gli bastava uno sguardo alle carte per capire le questioni amministrative. Per le questioni più complesse, c’era a supportarlo la grande competenza di Luciano Semeraro. Politicamente il suo confidente era Michele Carrieri. Poi, Tonino Chiarelli. Erano tutti e tre avvocati, per cui si ritrovavano facilmente nei discorsi».
LEONARDO CONSERVA (sindaco di Martina Franca dal 2002 al 2007).
«Il rapporto con Antonio Caroli è stato duplice: politico per la mia adesione da ragazzo alla parte finale della storia della Democrazia Cristiana martinese, visti anche i legami che intercorrevano tra la Famiglia Caroli e la mia, e professionale perché la pratica da avvocato l'ho fatta nello studio di Antonio Caroli. In lui gli aspetti della politica, della professione e delle relazioni personali erano filtrati attraverso un carattere che lo rendeva una figura assolutamente autorevole e abbastanza rigida da non tralasciare i dettagli nelle questioni, ragione per cui sapeva rendersi, in genere, un grande mediatore. A tutto questo univa un profondo senso di umanità che lo rendeva capace di relazionarsi con tutti. Per quanto riguarda il mio praticantato, ho ricevuto dall’attività nello studio di Antonio Caroli un notevole arricchimento umano e professionale. Altrettanto per quanto riguarda l’attività politica, e mi riferisco anche al periodo in cui ho fatto il sindaco. Lui, che era una persona sensibile, tendeva sempre a stemperare le diatribe e a coinvolgere tutti nella discussione delle questioni perché, diceva, anche dall’ultimo può arrivare la soluzione ad un problema. Era un uomo con una grandissima esperienza che lo portava ad avere un fortissimo senso della realtà. Era concreto, con i piedi per terra ed il coraggio delle proprie azioni. Affrontava i problemi senza mai tirarsi indietro. Quando ero sindaco mi sono spesso confrontato con lui in momenti difficili. Il senso dei suoi consigli era di ascoltare tutti per non arrivare mai al non ritorno da una situazione di crisi. Per lui occorreva che in tutti i modi il governo della città fosse affidato alla politica senza arrivare allo scioglimento del Consiglio comunale, dove invece occorreva trovare assolutamente un punto d’incontro. Il retaggio della sua esperienza nella Democrazia Cristiana e alla guida della città era proprio il primato della politica sulla burocrazia comunale: in Consiglio occorreva decidere perché sedevano i delegati del popolo. Non è un concetto astratto o una frase fatta, ma il senso del rispetto dei ruoli: Antonio Caroli rispettava i dirigenti comunali, ma chiedeva altrettanto rispetto. In questo c’era molta sintonia tra noi».
FRANCO PALAZZO (sindaco di Martina Franca dal 2007 al 2011).
«Antonio Caroli è stato capace di fare quello che non a tutti è concesso: lasciare un segno nella nostra memoria attraverso uno stile inconfondibile e personalissimo che lo ha contraddistinto ogni giorno della sua vita. Ci siamo conosciuti nel 1968, l’anno in cui Pinuccio si candidò per la prima volta alla Camera. Ma la nostra amicizia diventò ancora più salda quando, nel 1975, feci il mio esordio come giovane consigliere comunale della Democrazia Cristiana in una Martina Franca molto diversa dall’attuale. Antonio sedeva in Consiglio comunale dal 1970 e, con il suo slancio infaticabile e le sue qualità umane, rappresentò per tutti noi un insostituibile punto di riferimento. Eravamo una nuova classe dirigente e insieme centrammo in pieno l’obiettivo di voltare pagina e intraprendere un percorso nuovo. Ma l’aspetto più bello che mi piace sottolineare è che anche gli avversari politici dell’epoca gli hanno riconosciuto questo ruolo di trascinatore del ricambio. Come uomo era impagabile, sempre pronto a spersonalizzarsi dai panni del politico per indossare quelli della solidarietà e raccogliere le istanze più svariate che gli giungevano in continuazione. Come sposo e padre era capace di trasformare l’immagine pubblica di uomo forte in serenità e dolcezza: viveva la famiglia come un porto sicuro in cui dimenticare la politica e il lavoro. Inoltre, viveva la Fede attraverso un legame speciale di devozione per il grande santo portoghese di cui portava il nome. Ogni mattina, prima di uscire di casa, si faceva il segno della croce rivolto al Crocifisso e poi salutava una bellissima statua di Sant’Antonio che aveva in casa e che lo aspettava pazientemente fino al suo ritorno per sancire la fine della giornata in un bellissimo rapporto di fede. Come amico, e parlo per esperienza diretta, da lui ci si poteva aspettare grande lealtà anche nei momenti in cui le opinioni potevano divergere. Come avvocato posso dire che ha onorato la professione con una passione smisurata che gli donava immensa energia anche verso il tramonto della sua esistenza, quando non aveva certo bisogno di continuare a frequentare lo studio e le aule dei tribunali. Per lui, come per ogni uomo pieno di dignità, il lavoro era una condizione imprescindibile. Noi che lo abbiamo conosciuto da vicino, chiunque abbia incrociato la sua esistenza, quelli che gli hanno voluto bene e lo hanno stimato, tutti conserveremo per lui un posto importante nella nostra memoria».
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Pietro Andrea Annicelli